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La mostra di Hermann Bergamelli da Zazà Ramen a Milano


Stimola i sensi e invita alla bellezza l’installazione site specific di Hermann Bergamelli nel ristorante Zazà Ramen a Milano

Non sempre il dialogo fra arte contemporanea e luoghi fuori dai circuiti riconosciuti funziona. Si rischiano di compromettere la leggibilità dei lavori e i messaggi degli artisti, di aumentare il rumore di fondo e di non raggiungere il pubblico. Ma il caso di Hermann Bergamelli (Bergamo, 1990) nel locale milanese Zazà Ramen di chef Brendan Becht colpisce per la danza elegante ed equilibrata fra installazione site specific e ambientazione. Non solo convince il layout generale ‒ il lavoro è un arazzo alto 3,5 metri per una larghezza di 4,7 metri che copre interamente la parete di ingresso ‒, ma il dialogo concettuale: una stratificazione di panni di cotone da tappezzeria, con la complessità di sapori del ramen.  Becht è figlio di collezionisti, cresciuto nell’arte: nel suo locale custodisce wall painting di David Tremlett e Jan van der Ploeg, perché crede in una forma di educazione alla bellezza che deve stimolare tutti i sensi. Ha già ospitato Goldschmied & Chiari, Thomas Berra, Matteo De Nando, fra gli altri. L’idea è quella di un caffè intellettuale dove si discute di arte, mentre si consumano ottimi ramen.

Hermann Bergamelli, L'ultimo pasto è una coppa di ramen, 2022, tintura con elementi naturali e chimici, tessuto, cuciture, dettaglio. Courtesy l'artista e A+B Gallery. Ph. Mattia Mognetti
Hermann Bergamelli, L’ultimo pasto è una coppa di ramen, 2022, tintura con elementi naturali e chimici, tessuto, cuciture, dettaglio. Courtesy l’artista e A+B Gallery. Ph. Mattia Mognetti

LA MOSTRA DI HERMANN BERGAMELLI DA ZAZÀ RAMEN

Hermann Bergamelli entra con la schiettezza delle montagne. I suoi tessuti strappati esprimono un gesto eversivo. L’arazzo avvolge come un vello, come un cespuglio di posidonia che ondeggia nelle mani. La piccola morsa da tavola appesa alla parete vicina comprime le morbidezze del tessuto. Processi fine a sé stessi per dare alternativa all’etica del lavoro, tipico della terra di origine dell’artista. Un intento anarchico ed eversivo addolcito dai colori in gradiente frutto di esperimenti alchimisti, o culinari, che aleggia sui tavoli apparecchiati per dare spazio alla mente affollata di pensieri durante la pausa pranzo.

Neve Mazzoleni

Neve Mazzoleni

Neve Mazzoleni. Background di storica dell’arte e filosofa, perfezionata in management dell’arte e della cultura e anche in innovazione sociale, business sociale e project innovation. Per anni è stata curatrice ed exhibition manager della collezione corporate internazionale di UniCredit all’interno del progetto UniCredit&Art; attualmente ricopre ruoli di comunicazione per progetti di finanza sociale e sostenibilità. Quando riesce cura progetti artistici come indipendente. Ha scritto per diverse testate di settore sulle fondazioni e imprese private impegnate nello sviluppo di progetti culturali, di centri di produzione culturale dal basso, di arte contemporanea. I suoi maggiori interessi sono l’innovazione sociale a base culturale, le forme di ibridazione fra i settori pubblico e privato a favore della cultura, i dibattiti sulla sostenibilità sociale e ambientale che fanno leva sulla cultura.



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